"Perché a te il passaporto?"

"Come si fa a vivere in un posto dove c'è un solo giornale e un solo partito?" mi dice a voce bassa una giovane dottoressa passeggiando sulla spiaggia di Guanabo "E dove la televisione trasmette solo salsa e i discorsi del Leader Maximo? Come si fa a mettere in carcere 78 intellettuali colpevoli solo di cercare un'apertura, uno spiraglio? E fucilare tre persone solo perché cercano di scappare? Ma perché tutti vogliamo scappare da Cuba? Per te è facile espatriare, basta chiedere un passaporto. Per me resta un sogno proibito. Anche se avessi i soldi per il biglietto non mi darebbero il permesso, perché la mia specializzazione è considerata "strategica". Il mio capo è stato invitato dall'Ospedale di Careggi a un corso di altissima specializzazione, con una borsa di studio pagata dall'italia. A sua moglie, pure medico, non hanno dato il permesso, perché non avevano figli da lasciare qui. Non gliel'hanno mica negato ufficialmente. Qui a Cuba c'è tutto un modo obliquo di perdere le carte, di far ritardare i permessi. Fatto sta che a due coniugi non danno mai contemporaneamente il permesso di espatrio, se non hanno figli da lasciare in ostaggio.
Io non vorrei mai lasciare Cuba per sempre. Ma qui ti viene la claustrofobia. Capisci perché c'è tutta questa corsa a sposare lo straniero, anche se è vecchio e brutto? Qualsiasi cosa pur di andarsene.
E poi cosa credi, che a Cuba non ci sia razzismo? C'è, c'è. La vedi questa pelle nera? Non hai idea di quante umiliazioni mi costi."




Nella foto uno zafrero, un raccoglitore di canna da zucchero







La fedelissima di Fidel: una santa. O, meglio, una santera.


Si sa poco degli amori di Fidel. Ma c'è una donna che, fin dai tempi della Rivoluzione, è sempre stata nel cuore dei cubani. Si chiamava Celia Sánchez, era amata da tutti i cubani per la sua modestia e per la sua umanità. Ha creato la Gelateria Coppelia e il Parque Lenin. Ha fatto innumerevoli opere di bene, è stata sempre vicina al popolo, ha compreso il malessere dei più sfortunati e se ne è fatta interprete presso il potere cubano. Quasi una santa. I suoi funerali, l'11 gennaio del 1980, furono una dimostrazione incredibile di cordoglio popolare.

Non si sa bene se Celia sia stata o no l'amante di Fidel. Quando Dan Rather glielo chiese direttamente, Castro rispose seccamente che non rispondeva a domande sulla sua vita privata. Di certo, oltre ad essere la donna più amata di Cuba, era la più potente. Aveva lottato al fianco di Fidél fin dai tempi della Sierra Maestra. Era la persona più vicina a Castro, gli organizzava l'agenda, gli stava al fianco giorno e notte consigliandolo col suo buonsenso e, dice il popolo, con qualcos'altro.

No, non il sesso. Più che una santa, Celia era una santera. Secondo la voce popolare è stata la madrina di Fidél nella Santería, la religione cubana nata dal sincretismo tra cattolicesimo e religioni animiste africane. Per l'esattezza, Celia sarebbe stata una iyalocha, una sacerdotessa devota a Obatalá. Molti cubani sono convinti che il perdurante potere di Fidel e Raúl Castro derivi dal fatto che praticano la Santería, e che la rovina di Cuba sia inziata negli Anni Ottanta, dopo la morte di Celia.

Sta di fatto che, vent'anni dopo, la Casa di Celia al Vedado, Calle 11 con C, è ancora pesantemente sorvegliata e protetta dalla polizia, che non lascia passare nessuno. Fidel ha voluto che tutto restasse come quando è morta: e spesso, quando ha bisogno di prendere decisioni importanti, va al Vedado e si chiude in meditazione nella casa della sua consigliera e compagna di guerriglia.

Il popolo dice che, in calle 11, Fidel ci tiene i suoi santi.








La mammella sovietica.

"Siamo stati troppo attaccati alla mammella sovietica" dice un intellettuale. "C'era un uragano? Nel giro di un paio di mesi arrivava un cargo da Odessa con il cemento, i tetti di eternit, i piloni, i chiodi, tutto il necessario per la ricostruzione. Noi cubani siamo pigri e festaioli, e in trent'anni ci siamo intorpiditi i muscoli della fantasia e del coraggio di rischiare. La caduta dell'Unione Sovietica ci ha colto del tutto impreparati. E l'economia va male. Che economia è quella in cui per una settimana arrivano solo arance e cappelli di paglia? E come è possibile che a Cuba - a Cuba! - siano introvabili i limoni, per la gente comune?"

I limoni ci sono, oh se ci sono. Ma sono riservati ai daiquirì dei turisti e ai cubani che possono pagare in dollari. Circa il 60% dei cubani ha accesso al circuito del dollaro e può comprare benzina, scarpe, vestiti, far la spesa nelle fornite Tiendas Panamericanas. Il resto fa la fame con la libreta (la tessera di razionamento) e i banchi spogli dei mercati in pesos, dove manca ogni ben di dio.



Aratura di un campo di tabacco. Non c'è benzina per i trattori e mancano i pezzi: si è tornati ai buoi







La storia della foto del Che.

La famosa foto del Che - una delle icone più famose del mondo - all'inizio fu scartata. Buttata via. Sepolta in un cassetto.



L'aveva fatta Alberto Korda, del giornale "Revoluciòn", un giorno del 1960, durante i funerali dei marinai della Coubre, una nave belga carica d'armi fatta saltare in aria, probabilmente dalla CIA, nel porto dell'Avana.
"Quel giorno il Che aveva una faccia che se vedeva uno yankee se lo mangiava vivo." racconta Korda. "Trovarmelo nell'inquadratura della macchina fotografica, con quell'espressione, mi fece quasi fare un sobbalzo. Istintivamente schiacciai l'otturatore. ".

Ecco qui sotto la foto originale, che non tutti conoscono. E' tutta un'altra cosa, vero? con quel tizio sconosciuto a sinistra e quelle fronde di palma a destra. Korda sapeva di avere una grande fotografia. Riquadrò il Ché tagliando via l'uomo e la palma e la portò al giornale. Ma la redazione di "Revoluciòn" la scartò, e la fotografia del Che non fu mai pubblicata.



Anni dopo, l'editore italiano Giangiacomo Feltrinelli vide la foto appesa a una parete della casa di Korda e gliene chiese una copia. Korda gliela regalò. Alla morte del Che, Feltrinelli decise di farne un poster. Decine di migliaia e poi milioni di copie si diffusero in tutto il mondo, su muri, copertine di libri, riviste, coperte, cartelloni, t-shirt.

Per quella foto, da cui la Feltrinelli ha ricavato miliardi, Korda non ha mai ricevuto una lira di diritti d'autore. Gli editori non si smentiscono mai. Ma Korda non si lamenta. E' contento che la sua foto bistrattata abbia vissuto una seconda vita e abbia girato il mondo.








Ma che gli frega dell’Europa?

“Ma che vuoi che gliene freghi a Fidel delle proteste di Galeano, di Fo, di Saramago?” mi dice un giornalista italiano che conosce molto bene le cose cubane. “Le tre fucilazioni sono prima di tutto un segnale diretto al fronte interno, che se ne stiano buoni e tranquilli senza cercare di scappare. In secondo luogo sono un messaggio agli Stati Uniti, che la smettano di rimestare negli affari interni di Cuba. L’Europa viene di gran lunga terza: Cuba è abituata da quarant’anni a essere isolata, se ne frega delle reazioni del’Europa. E Castro sbaglia, perché l’Europa è un partner importante, porta turisti e denaro, potrebbe risolvere tutti i problemi posti dall’embargo americano. Non è ridicolo che a Cuba l’economia giri sul dollaro, la moneta del nemico? A Varadero, invece, l’Euro è già accettato dappertutto. Sarebbe così strana una Cuba basata sull’Euro invece che sul dollaro?”



Avana. Sigaraia alla fabbrica Corona.







Fidel: el santero maximo?

Sul lungo potere di Fidel, sul suo magnetismo che incanta le folle, se ne sono dette molte. Di certo l'uomo è eccezionale: un grande condottiero, un padre della Patria, un personaggio fascinoso e carismatico.

Molti cubani pensano che il potere - umano prima che politico - di Fidel dipenda dal fatto che è, fin da prima della Rivoluzione, un adepto della Santería. Ecco un po' di chiacchiere che ho raccolto in giro per le strade e nelle piazze dell'isola.



Uno dei soprannomi di Fidel - di cui il dittatore scoraggia attivamente l'uso, e che mai viene stampato, ma che il popolo adora - è el caballo: da cosa nasce?

Quando un adepto cade in trance durante una cerimonia, si dice che sia posseduto da un santo (orishá), che lo cavalca. Per questo il posseduto è chiamato caballo. La biografa di Castro, Georgie Anne Geyer, dice che è difficile trovare una descrizione migliore di quello che fa Castro con il popolo cubano.

Di certo la Santería ha giocato un ruolo importante nella storia dell'isola. Verso il 1958 il popolo mostrava crescenti sintomi di insofferenza nei confronti del dittatore Fulgencio Batista. Il dittatore ordinò cerimonie della Santería in proprio favore, ma tutte dettero presagi sfavorevoli. Furono invece tenute cerimonie, in favore di Fidel Castro, da Regla e Guanabacoa (zone della Santería all'Avana) fino a Santiago.

E non dimentichiamo che, se guardiamo oltre l'oleografia ufficiale dell'eroica rivoluzione popolare, l'esercito di Fidel e del Che combatté pochissime battaglie, quasi tutte poco più che scaramucce. Quella della Sierra Maestra, trecento barbudos contro diecimila soldati. Quella di Guisa. Quella di Santa Clara, in cui Castro conquista il treno blindato. E poi? Quasi sempre i soldati di Batista scappano o passano alla guerriglia. Tutto il popolo è schierato con Fidel. La marcia fino all'Avana non incontra resistenza, Castro vince la sua rivoluzione quasi senza colpo ferire. Non a caso la battaglia più celebrata è stata quella di Playa Girón, 1961, due anni dopo la presa del potere dei barbudos (e fu solo dopo Playa Girón che Castro dichiarò che quella cubana era una rivoluzione socialista).

La studiosa della Santería Migene González-Whippler, scrive di un aneddoto raccontatole da una santera che vive a New York. La donna dice che, mentre viveva a Cuba, partecipò a un grande rituale della Santería durante il quale Fidel fu immerso in una vasca da bagno piena di sangue di animali sacrificati. Il rituale lo avrebbe protetto e gli avrebbe dato un completo controllo sul nemico. (Migene González-Whippler, The Santería Experience. St. Paul, Minnesota: Llewellyn, 1992, pag. 183.)

Quando i barbudos entrarono all'Avana con le bandiere rosse e nere del Movimento 26 luglio, molti cubani interpretarono i colori come un segno che Castro era protetto da Elegguá che, nella Santería, è il dio del destino, colui che apre le porte della felicità o della sfortuna.

Poco dopo il suo ingresso all'Avana, Castro cominciò uno dei suoi ipnotici discorsi fiume. Dal nulla, si racconta, spuntarono due colombe bianche che si posarono sulla sua spalla. Una di esse gli restò sulla spalla per ore. Il popolo esplose in ovazioni entusiaste: la colomba è il simbolo di Obatalá, il figlio di Dio, colui che crea l'anima e dà forma al corpo. Per i cubani fu la prova evidente che gli dei della Santería avevano scelto Fidel per guidare e proteggere Cuba.

Il fenomeno della colomba bianca si ripetè ancora negli Stati Uniti davanti al monumento a Lincoln: una colomba si posò sulla mano di Lincoln e poi volò sulla spalla di Castro. (*)

Per anni - fino alla visita del Papa del 1998 - Fidel ha combattuto e scoraggiato il cristianesimo come una superstizione, ma alla Santería ha lasciato piena libertà di culto.

E perfino i tre fucilati del traghetto potrebbero essere letti, secondo l'ottica della Santería, come un sacrificio umano agli Orishá.

La Santería incide attivamente sulla realtà? Certamente sì. Ha accelerato la caduta di Batista ed è valsa a Fidel un larghissimo appoggio popolare (sulla Sierra Maestra la Revolución non era marxista: i barbudos erano appoggiati dagli americani, e il marxismo era di là da venire). Davvero funzionano i riti dei babalaos? E chi lo sa? In ogni caso, la Santería è impiantata profondamente nel modo di pensare e nella vita cubana di ogni giorno: ignorarla o considerarla frutto di una cultura inferiore sarebbe un atto di superficialità e una manifestazione di imperialismo culturale.



(*) Sull'episodio della colomba bianca ho trovato diverse testimonianze scritte ma nemmeno una foto. Non so dire, quindi, se sia una leggenda che si è rafforzata di bocca in bocca o se l'episodio sia accaduto veramente (ovviamente la colomba poteva essere ammaestrata). Se qualcuno ne ha una foto, per favore me la mandi.








Con la libreta non si campa.

“Fidel è un grande, noi lo amiamo perché ha ridato dignità a un popolo che sotto Batista era schiacciato e maltrattato” dice la maestrina di campagna quarantenne, che mi mostra orgogliosa la sua scuola, il televisore in ogni classe, i bambini allegri e puliti. “Certo, con la libreta non si campa. A prezzo politico abbiamo tre chili di zucchero, tre chili di riso, un chilo di fagioli, un litro d’olio al mese e sei uova – ma solo in settembre, ottobre, novembre e dicembre. Il resto lo dobbiamo comprare al prezzo di mercato. Il latte per i bambini è gratis fino ai sette anni, ma per il mio, che ne ha nove, debbo spendere 70 pesos al mese. Se pensi che ne guadagno 250 … come si fa? Chi può si arrangia. Con l’orto, con le rimesse dei parenti all’estero, coi turisti. Chi non può fa la fame.”

Chiacchiera chiacchiera, la maestrina finisce con il propormi di cucinarmi clandestinamente un’aragosta e poi, per il dopocena, siccome “un hombre non può stare senza una chica”, di farmi conoscere due o tre ragazze carine e disponibili. Appunto. Chi non si arrangia fa la fame. E spesso Cuba ricorda la Napoli del dopoguerra che Malaparte descrive in “La pelle”.












Bush invaderà Cuba?

A pranzo da Don Cangrejo, un ristorantino sul mare famoso per il pesce e l'aragosta. La brezza combatte come può la calura di questi primi giorni di maggio. Il mio interlocutore, un diplomatico, mi spiega:
"Per la legge Helms-Burton, ogni cubano che tocca con mani e piedi il suolo degli Stati Uniti, anche illegalmente, ha il diritto immediato all'assistenza sociale e alla Green Card."
"Se è messicano, invece” commento “ha il diritto immediato a due etti di piombo."
"Esatto. E anche se è giamaicano, haitiano o quel che ti pare. Solo i cubani hanno questo privilegio. Ma segui la raffinatezza: c'è anche un codicillo per cui se le emigrazioni da Cuba diventano un fattore di rischio per la loro integrità territoriale, gli Stati Uniti hanno il diritto di bloccarle con qualsiasi mezzo, compresa l'invasione dell’isola."
"Geniale. Così possono fare quello che gli pare. Però certo Bush, dopo l'Iraq, non ha intenzione di invadere Cuba."
"E chi glielo impedirebbe? L'ONU? Con gli stessi argomenti con cui ha impedito i bombardamenti su Bagdad?"
"Vero. Negli ambienti diplomatici, qui a Cuba, a quanto si dà la possibilità di un'invasione? Dieci su cento?"
"Cinquanta su cento."








La vera rivoluzione? Cessare l'embargo.

"Un'invasione? " mi dice un'intellettuale cubana che vive all'estero "Se Bush invadesse Cuba, io sarei subito sul Malecón a fare lo scudo umano. Ma Bush è un idiota. Se fosse furbo, invece di giocare a soldatini coi marines eliminerebbe l'embargo, che serve solo a due gruppi: alla mafia di Miami e al gruppo di potere castrista.

La mafia di Miami si sta arricchendo, con l’embargo. Lo sai cos'è una mula? Uno che trasporta coca, ma anche uno a cui danno un biglietto Miami - Cuba e due valige. Nelle valige ci sono vestiti, giocattoli, latte in polvere, dolciumi, soldi che i cubani di Miami mandano alle famiglie rimaste sull’isola. Al Josè Martì c'è chi le ritira, bastano cento dollari al doganiere. E la mafia si ritaglia un bel 10%.


Anche il governo si arricchisce con l'embargo: c'è una tassa del 260% sulle importazioni 'di lusso'. Figurati, 'di lusso' è considerato perfino l’olio di semi. Ma soprattutto l’embargo fa comodo politicamente ai duri del partito, perché consolida il loro potere, è una comoda scusa per dire ‘Come possiamo darvi la democrazia? Non vedete che siamo sotto assedio?’.
Insomma, come al solito chi soffre di più è il popolo.

Ci sono solo due cose che possono abbattere il regime: la prosperità e l'informazione. Mi ha detto un economista, l'altro ieri: "se Bush volesse davvero abbattere il regime, gli basterebbe eliminare l’embargo. Il regime non durerebbe nemmeno ventiquattr'ore."

E lo sai cosa mi ha detto una patriota sessantenne, una che ha fatto la rivoluzione? "C'è una cosa che non perdono, a Fidel: che i miei figli adolescenti desiderino essere americani".








La dentista dell'ospedale di provincia.

Ha circa quarant'anni, occhi dolcissimi e azzurri, un gran seno materno. Scommetto che i bambini si affidano volentieri a lei: fa la estomatóloga, la dentista, in un ospedale di provincia, e sono sicuro che riesce a essere tranquillizzante anche con in mano il trapano.
Le chiedo se mi porta a visitare l'ambulatorio.
"Certo" sorride.

Nell'atrio dell'ospedale una mamma la ferma. Lei le parla con dolcezza, mettendoci tutto il tempo necessario, toccandole il braccio, facendole una carezza sulla guancia.

L'ambulatorio è messo veramente male: quattro poltrone vecchie, strappate qua e là, trapani che hanno visto tempi migliori. Pulitissimo, ma si sente la fatica che fanno per tenerlo in condizioni igieniche decenti.

Vedo dei guanti usa e getta a bagno in bacinelle di plastica:
"E questi?"
"Questi li laviamo con l'ipoclorito, poi li avvolgiamo nella carta oleata e li sterilizziamo in autoclave."
L'ipoclorito è la varecchina. Guardo i pacchettini di carta oleata pronti per l'uso. In una vaschetta, delle siringhe di vetro.
"Siringhe di vetro?"
"Purtroppo. Le sterilizziamo ogni volta. Certo, dopo un po' gli aghi si spuntano."
"E cosa usate per le anestesie? Novocaina? Lidocaina?"
"Sono mesi che non vedo una fiala di lidocaina."
"Buscopan? Voltaren?"
"Magari avessimo del Voltaren..."
"E allora?"
"Omeopatia. Diamo al paziente qualche goccia di camomilla 24 ore prima. In alcuni ospedali usano l'agopuntura."
"Funziona?"
Si stringe nelle spalle, mi guarda come per dire: "C'è un'alternativa?"




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